Alessandro

Alessandro:

 

Dico di te

…Quella sera i nostri rapidi sguardi s’incrociarono più volte, in una danza dove la tua seduzione di femmina mi ammaliava civettante e il mio ego di maschio predatore cercava si sedurti con gli occhi, immaginando il calore del tue ventre e le sensazioni che quello scambio fugace e intenso provocasse in te.

Eri coi tuoi amici, un gruppo di interessanti uomini e donne con un’opinione su tutto, l’opinione giusta ovviamente, ed io ti osservavo, bella, sensuale, accanto a lui.

Non è strano, non è nuovo, appaio un tenebroso solitario dagli occhi con cui trascorrere leggere relazioni di una sera o qualche mese, l’impegno non è molto, l’eccitazione ben più, soprattutto quando la conquista non risulta facile, nel ruolo dell’amante.

Una notte, con me, se il tuo lui non ti cingesse così, se non aveste i progetti che avete, la passeresti, per toglierti lo sfizio, la voglia, per sentirti femmina, per godere e far godere, senza le complicazioni del cuore.

Così il gioco della seduzione ti stuzzica, specie in pubblico, specie coi tuoi amici e il tuo uomo accanto.

Ricambi gli sguardi fingendoti preda ma sei cacciatrice, e qualche tua amica ha capito ricambiando i miei sguardi e sorridendoti.

Non ci vuole molto perché lui senta il fiato di un altro maschio sul tuo corpo nudo, si accorge, si innervosisce, mette in pratica il rituale del maschio che difende la sua femmina e il suo onore.

Ma non è lui a far parte del gioco, e non sono io il suo problema.

È il tuo desiderio di godere, di sedurre e eccitar maschi in ogni situazione, sentirti bella, carnale, desiderata, il fiato sulla nuca, i membri sul corpo.

No, non sono io, non sono gli altri maschi arrapati, non è neanche lui.

Sei tu la regina del ballo.

Tu e tutte le donne che sanno esser femmine.

Mi alzo, dirigo verso il bancone.

Non mollo di un secondo il tuo sguardo.

Lo sai, mi senti addosso.

Sai cosa provo, cosa sento, conosci le mie reazioni, il membro umido, eretto, e ti sciogli.

Ti schiudi morbida, senti gli umori fin dietro e nell’interno coscia.

Sei fantastica, ti piace sedurre, e sapere cosa provochi ti eccita ancor più.

Una scusa banale, il bagno.

Passi dal bancone, mi lanci l’unica occhiata che aspettavo.

Lascio passare qualche minuto sorseggiando il mio whisky. Cliché, lo so.

Una sbirciata al tuo tavolo, son troppo occupati a ridere tra loro, ma qualcuna sa.

Vengo in bagno.

Ti trovo subito, seconda porta.

“hai scordato qualcosa, prima”

Apri.

Mi guardi intensa.

Sono dentro con te.

Ci guardiamo, non emettiamo un fiato, ti spoglio della casacchina azzurro trasparente che indossi, togli i bottoni dalle asole come fossero aghi.

Non disdegni di penetrar il mio petto con le unghie, mentre lo fai.

Sono a mille, lo sai.

Mi getto sul tuo collo e il tuo lobo, ti succhio mentre scosto la criniera.

Soppeso i seni, divini, i capezzoli induriti che saranno presto vittima delle mie labbra, la mia lingua, i miei denti.

Ti bacio, anche se non vuoi.

Mangio le tue labbra, ingoio la tua lingua che fremente si contorce con la mia e gioca col diastema.

Non preoccuparti, ti bacio perché sei la mia dea, anche se fuori di qui non saremo più nulla.

Non resisto molto.

I tuoi seni, così sodi, devono essere miei.

Ti appoggio contro la porta, evito che tu senta freddo.

Mi inginocchio mentre ti mordo i seni, stringo i fianchi, avvicina il tuo ombelico alla mia lingua.

Ti sfilo la gonna.

Il perizoma.

Lo lascio alle ginocchia, per ora.

Estasiato dal tuo pube lindo, sento il tuo sapore e la tua voglia fremente salire.

Coli.

Goccioli sulle mutandine e a terra.

Non resisterai a lungo.

Ti assaporo con la punta della lingua, mentre ti massaggio con le dita e torturo i tuoi glutei per averti più vicino.

Sei una dea, e voglio il tuo dolce nettare, l’ambrosia che stai per donarmi.

Poggio la punta del naso sulle tue labbra, ti penetro un po’ così, per lasciarti aprire e darmi i tuoi umori sul viso.

Con la punta della lingua alterno il piacere che ti dono stuzzicando il clitoride con grandi lappate e leggere rapide guizzanti contorsioni.

Sei fradicia fino all’elastico delle autoreggenti.

Mi tiri su.

Lo sguardo dice una cosa sola: “fottimi”.

Ti spoglio del perizoma, ti voglio vedere nuda con la tua collana di perle, autoreggenti e tacchi vertiginosi.

Ucciderei per averti ogni istante accanto, ma non sei mia, non più di questo, e devo farmelo bastare.

Mi vuoi, non ce la fai più.

La mia contemplazione della tua eleganza non può continuare ora, dovrò rimandarla ai ricordi, ora vuoi solo sentirti piena, aperta e riempita di carne.

Sono qui per questo, non faccio che questo.

Ti piace da dietro, ti piace che possano sentirci e vederci.

Ti appoggio le mani sul muro antistante, dammi la schiena.

Mi libero.

Lo struscio piano sul quel paradiso che hai tra le cosce.

“prendimi”

Entro senza indugi.

Emetti un gridolino.

Mi vuoi forte e rude, ma non vuoi sentirti davvero una facile.

Ti accarezzo e ti domo, ti amo e ti fotto, ti riempio completamente della mia carne e del mio seme grondante dalla punta del mio membro.

Stai godendo, mentre col pollice ti prendo anche il culetto.

Non ti chiedo nulla, so che lo vuoi, vuoi esser presa senza doverti esporre, stai venendo della mia asta nel tuo pertugio fradicio.

Respiri affannosamente, gemi, mi vuoi, non ti frega che sentano, anzi, è anche meglio.

Vieni sul mio cazzo e sul pube, ma per quanto so che vorresti il mio seme nel tuo ventre sappiamo entrambi che non posso, il tuo uomo è in sala, solo lui ha questa velleità.

Ohh, come vorrei riempirti e farti mia, segnarti come la mia donna col mio seme in te, ma non è così che funziona.

Sei morbida, molle sulle gambe, dopo che l’orgasmo ti ha sconquassata.

Ora è più facile farti fare quel che voglio.

Ti prendo dietro, senza complimenti.

Continuo a morderti il collo e trastullarti seni e clitoride, in questa pecorina.

Ti amo, anche se ti violento.

Le mie spinte son necessità, bisogno di fottere e venire nei tuoi intestini, ti riempio così tanto che ti piace sentire la mia carne calda nel culo e lo scroto sbattere.

Vengo copiosamente, tanto seme solo per te.

Restiamo un po’ così, avvinghiati uno all’altra, esausti ma in grado di andar avanti per tutta la notte.

Mi fai uscire.

Ti volti, mi guardi gelida.

Ho capito.

Devi ricomporti e tornare alla tua vita.

Ed io alla mia.

Alla prossima principessa da amare e far godere, che tornerà dal suo re.

Mi ricompongo quel tanto che basta, esco, camicia slacciata, mi lanciano occhiatacce nel bagno delle signore.

In sala la tua amica mi guarda con lo sguardo sornione, di chi sa e vorrebbe.

Forse un’altra volta.

Mi sistemo al bancone.

Eccoti.

“cosa?”

“il tuo fiato sul collo, sono tuo”

Ti aspettano, vai via evitando di farlo insospettire.

Mi guardi ancora, di sfuggita ma ancora, termino la consumazione.

Guardaroba, cappotto.

Auto.

Le immagini si presentano alterne nei pensieri, le strade son pericolose quando il tuo corpo e il tuo desiderio è altrove, a una donna che ti ha conquistato ma non è tua.

Casa, sano e salvo una volta ancora.

“hai scordato qualcosa, prima”

E il ricordo di te in collana, reggicalze e tacchi.

Addio.

 

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