Il suono della neve (prima parte) (con Pickingyoumind)

 

(prima parte)

 

***

 

La neve si appoggia in silenzio sulla mia pelle. Mi incanto a fissare la perfezione geometrica dei cristalli di ghiaccio sul mio seno. Ognuno di essi protrae ancora la sua esistenza su di me per pochi istanti, poi il mio calore inevitabilmente lo fonde. Una goccia gelata scivola sul mio capezzolo e vi rimane sospesa.

Non riesce però ad aver il tempo per precipitare: la tua mano mi afferra il petto, bramosa…

 

***

 

Mi piace lasciarti camminare nuda, quando è inverno, sul terreno soffice e candido, per la neve appena scesa.

Vederti libera da ogni condizionamento alimenta le mie fantasie infinite. Questo penso, mentre strizzo il capezzolo, decorato da fiocchi raccolti attorno alla punta.

Segui le mie dita con gli occhi e con le labbra, che si increspano di un mescolio di dolore e piacere, per le attenzioni ricevute.

Liquefatto il velo sotto pollice ed indice, per la pressione, dolce ma presente, ruoto con le stesse dita l’estremità del seno, per accendere il tuo desiderio.

Ti accendo: un gioiello che prende vita.

Ma sono ingordo e raccolgo in terra una manciata di neve fresca, appena caduta.

La sfioro sul tuo sesso bollente; le labbra, assetate, la consumano man mano che la premo dentro.

Mi bagni di te e dei fiocchi fusi dal tuo desiderio dirompente.

Entro dentro con un dito, per sentire il clito turgido per il frigore; due, tre, quattro. La mia mano è dentro di te.

Ecco, ora la muovo dentro la tua carne, violando il ventre che non mi lascia uscire. Mi stringi impudica, assaporando i miei pensieri, intuendo cosa potrei farti vivere.

Le fantasie, come raggi di sole, irrompono improvvise e reali.

Adesso uso i denti, solleticando di nuovo i capezzoli, uno per volta. Aumentando il ritmo e l’intensità, alterando il tuo respiro.

Lenti morsi che alimentano un pensiero…

 

***

 

Ora ho capito cosa intendevi con fiamme e gelo.

Ora so cosa significa bruciare di freddo piacere e sentire in corpo un fluido caldo che combatte l’assideramento della carne.

O forse non si tratta di un combattimento. È un amplesso. Energia rovente che si salda alla ghiacciata materia.

Tremo intimamente surriscaldata. Rabbrividisco di caldo languore.

Ora non fermarti. Mordimi ancora, balbetto. Adoro questo lieve dolore che pizzica la mia eccitazione…

 

***

 

I morsi si fanno audaci e decisi, intenti a strapparti ogni sensazione dalla gola. Ascoltare il suono delle emozioni è decisamente appagante.

Nessuno, in piena valle imbiancata, potrà udire il piacere mescolato al dolore, gocciolare dalle labbra e farsi, indecentemente, mugolio.

Così pensavi, così credevi, lasciandoti andare in preda alle emozioni, invece di soccombere al controllo della solita quotidiana razionalità.

Decido di bendarti, per aumentare la tua percezione del mio volerti guidare senza lasciarti spazio per anticipare le mie mosse.

Solo un velo rosso, calato sugli occhi, a contrasto del tuo corpo nudo.

Osservo dove ho lasciato il segno del mio impeto: le sfumature violacee incise dai miei denti, contrastanti con la pelle chiara.

“In ginocchio, adesso” la richiesta è decisa e ferma, forzandoti con la mano sulla nuca ad assumere la posa richiesta.

Il tuo viso sfiora le mie cosce. Sfioro i capelli, afferro le ciocche nella mano, rialzando il tuo mento, per farti sentire il mio corpo eccitato dal mutato scenario: il tuo naso spalmato sul mio vigore.

“Cosa vuoi adesso” chiedo, sillabando rapido le parole.

 

***

 

Sfumature variegate di rosso sono tutto ciò che i miei occhi rilevano. Le ginocchia nude sprofondate nel bianco elemento necessiterebbero di un sollievo che so ancora lontano. Il contatto scortese del tuo pene gonfio ed esigente sul mio viso è invece caldo. Quasi piacevole.

Voglio… Voglio il tuo seme… Il mio pensiero si fa debole voce.

Dischiudo le labbra.

 

***

 

Affondo, con decisione pulsante, la mia carne fra le tue labbra docilmente socchiuse in attesa. Guaina di spada, la tua bocca mi accoglie, avvolgendomi e risucchiandomi in una estasi inimmaginabile.

Aumento il ritmo, mutando la dolcezza in violenza, la mia mano scivola fra i tuoi capelli e li usa per farti infoiare del mio cazzo, facendoti sbattere le labbra alla base della mia asta, piena di vigore per prenderti appieno, per poi riportarti sulla punta e ricominciare a guidare il tuo movimento.

La tua lingua, la tua gola, lo scivolare dei tuoi denti sono l’inferno che ricerco adesso.

Brucio di desiderio di averti in ogni altro modo. Stacco la tua bocca dal mio cazzo e premo il tuo viso sulla neve, lasciandoti scivolare le mani in avanti, facendoti sfiorare il terreno imbiancato.

Vederti inarcare la schiena mi eccita, viziosa sollevi le terga, come cagna in calore, determinata a farti usare in ogni modo che sappia farti godere.

Immobile, vibri, respirando l’attesa. Sai che farti aspettare mi eccita moltissimo.

Il mio silenzio e il non sfiorarti ti fa bagnare come mai avresti pensato. Improvvisamente, un pugno di neve riempie la tua gola, per raffreddare il tuo bollore, per placare la tua sete: adoro spiazzarti, sin dal primo incontro.

 

***

 

Qualcosa intorno a noi sta cambiando.

Sputo poltiglia ghiacciata.

Mi rendo conto che ha smesso di nevicare.

Le tonalità di rosso che vedo si fanno più chiare: evidentemente le nubi diradate hanno lasciato spazio a un pallido sole che improvvisamente ci ha illuminato. Mentre le mie dita stanno perdendo sensibilità immerse nel manto di neve sotto il mio corpo, la pelle della schiena per qualche secondo mi regala una piacevole sensazione di lieve tepore.

Mi sorprendo a domandarmi se le mie intimità, ora ben esposte al tuo sguardo, possano accendersi anch’esse di colore vivo e ricordare un fiore solitario, o se ora ti risultano piuttosto come ferita aperta, su cui magari infierire ancora.

Il poco sollievo solare presto svanisce ed il gelo ritorna prepotente a pungere ogni mia terminazione nervosa.

Scaldami. Scaldami, ti prego. Fa penetrare il tuo calore nei miei antri.

Ti sto offrendo tutto, anche ciò che non vorrei.

Abusane. Ti supplico.

 

***

 

Avvicino il naso alla tua carne, un odore eroticamente invitante. Sorpresa, ti rilassi per farti violare.

Esposti e purpurei i canali del tuo piacere, per il gelo attorno. Entro con un dito, dove il tuo miele mi avvolge, già fradicia per le continue attenzioni.

Mi muovo lento per farti scivolare nel desiderio di essere inghiottita dalle emozioni. L’altra mano ti schiaccia il viso nella neve, trattenendoti per la chioma fra le dita vigorose. Uso un secondo dito per slargarti meglio. Reagisci con un sobbalzo.

Come mantice, alterni soffi ritmici dalla bocca, ad ogni mio spingerti le dita dentro, incendiando i tuoi pensieri fino a lasciarti assetata.

Entro anche con un terzo: indice, medio ed anulare a sentire le tue viscere bruciarmi la pelle, mentre i gemiti soffocano nel terreno candido di fiocchi calpestati dalla tua bocca.

Tiro fuori il mio cazzo, hai chiesto di averlo, impudica e supplichevole, lo avrai.

Entra dentro, gonfio e deciso, appena ho sfilato dall’antro dilatato le mie dita; ti apri, come panna sbattuta da una frusta, dimenando i fianchi ad ogni mia spinta.

Uso le dita nell’altro orifizio, voglio aprirti completamente, per riempirti di me.

Lascio il tuo volto ad annaspare, mentre le dita stringono il tuo seno, usandolo come appoggio per ogni mio movimento.

Cerchi di godere, opponendo una resistenza studiata, seppur irrazionale ed istintiva, alimentando la tua voglia di essere solo Femmina, tale e quale ti desidero: un corpo sensualmente pulsante.

I capezzoli esplodono sotto la mia stretta, li prendo entrambi, esco da ogni tua apertura e osservo il colore del tuo piacere: rosso intenso, la stessa sfumatura del tuo rossetto.

Pieno di vigore, sfondo lo sfintere ancora pulsante e ti sono dentro, carne nella tua carne.

Ora, violentemente, indossi la mia bramosia di averti.

Sussulti per le oscillazioni capaci di strapparti ogni grida, rendendole ben manifeste nel luogo silenzioso. Ti arrivo in gola, tanto premo dentro il tuo corpo parte di me.

Sono pronto per riempirti: sei un mondo attorno a me, che mi vuole risucchiare dentro, questo sento adesso.

E, copioso, ti bagno dentro, facendoti vibrare.

 

***

 

Le mie guance hanno perso sensibilità. Le labbra e il mento mi bruciano, reclamano tepore.

Sto per scoprire a quale categoria di uomini appartieni.

Cerco di non contrarre i muscoli anali, mentre la tua foga scema lasciando il mio corpo abusato e dolente in più punti.

Sei uno di quelli a cui l’ossitocina rilasciata dopo l’orgasmo esaurisce oltre al desiderio anche la voglia di sopraffazione? Ora mi coccolerai come ho visto fare a tanti uomini, fin troppo dolce e premuroso per compensare i sensi di colpa per i supplizi finora inflittimi?

La benda, per via delle sollecitazioni dell’amplesso, è scesa al collo.

O sei dell’altro tipo? Uno di quelli a cui il calo della libido toglie anche quei limiti che durante il rapporto comunque ti ponevi per evitare di esagerare provocando la mia fuga? E ora che hai ottenuto la tua eiaculazione – il tuo sperma sta colando nelle mie viscere, elemento alieno e oltraggioso – e non temi più di veder venir meno l’oggetto dei tuoi desideri, perché ormai sono esauditi, sei capace di qualsiasi cosa?

Giro la testa e ti guardo, consapevole della mia espressione implorante.

 

***

Agnello per Lupo. Questo sei adesso.

Annusi il mio manifesto desiderio di sbranarti senza alcuna inibizione, guardandomi negli occhi.

Il mio sadismo, la mia passione per emozioni alimentate dal piacere mescolato al dolore esce prorompente.

Ti propongo un ruolo definitivo, netto, chiaro. Appartenermi senza alcun limite, diventare la mia schiava.

Per farlo uso un pennarello indelebile e comincio a scriverlo sulla tua carne.

Usando epiteti e sinonimi consoni a quanto rappresenti per me.

Disegno frecce ed altri simboli, per evidenziare tue qualità che ho toccato con mano o altre di cui sarebbe opportuno approfondire.

Decido di condividere con te i miei pensieri, renderti partecipe di quello che vivrai al mio fianco, ma è presto per parlarne; utilizzo quanto ho portato in un borsone, che avevo lasciato vicino in terra.

Caviglie e polsi, repentinamente, si trovano avvinti da cinte di cuoio fermate da una fibbia di acciaio lucido.

I moschettoni scattano per bloccare ogni tuo movimento inadeguato e fermano a due a due gli arti, offerti remissivamente.

Ecco, ora sei, pienamente a disposizione, deliziosamente complice nella situazione creatasi.

“Alzati”, ti dico ed aggiungo deciso, “sali in auto”. Ti indico il portellone posteriore, già spalancato, dove prendere posto, in una posa rannicchiata e decisamente scomoda per un viaggio di cui non conosci la destinazione.

Un sorriso sale sulle mie labbra, quanto accadrà sarà decisamente inconsueto per la tua mente, ma so che appagherà la tua ingordigia di emozioni.

 

***

 

Sai che lo farò.

Vuoi approfittare del mio sentir piacere procurandotene, a qualunque costo, disposta perfino a subire per accendere la tua eccitazione, fino al paradosso di un godimento ottenuto soffrendo. E io te lo lascerò fare, vittima e complice di questa terrena passione: intima e profonda pena, sentimento intenso in grado di dominare la volontà, puro desiderio sessuale.

Cammino ai piccoli passi cui sono costretta fin contro al paraurti. Mi siedo sgraziata nel vano, sollevo le gambe portandole all’interno e cercando di aiutarmi con le braccia legate chino testa e spalle per incastrarmi nell’angusto spazio, assumendo un’esasperata posizione fetale, troppo contratta per definirsi naturale.

Sporgenze dure e spigolose premute contro la mia pelle striata d’inchiostro rendono la posizione ancor meno sopportabile.

E ho ancora freddo.

La tua ombra si avvicina. Chiudo gli occhi un secondo prima del tonfo metallico.

Li riapro, ma il buio non scompare.

Un brivido mi attraversa la schiena incurvata.

Ti sento aprire lo sportello. Il tuo peso inclina lievemente l’assetto. Richiudi.

Il motore si avvia e una bassa vibrazione mi pervade, sovrapponendosi al tremore che ho e non riesco a placare.

Ci avviamo, con un leggero sobbalzo. E mentre il mio corpo nudo e umiliato durante il moto sussulta e preme alternatamente contro le pareti che mi tengono imprigionata, mi nasce sul viso, a pochi centimetri dal gancio metallico che mi lega i polsi, un piccolo sorriso, che ovviamente ti terrò nascosto, malizioso e sfrontato.

 

***

 

(fine prima parte)

 

 

Questa voce è stata pubblicata in Collaborazioni e contrassegnata con , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento